Nelle giornate del 28 e 29 agosto, a Milano, l’USI Educazione ha continuato il suo percorso di lotta in prospettiva del continuo attacco del capitale alla libertà e alle conquiste dei lavoratori in decenni di lotte.
Per essere in grado di meglio affrontare questo difficile periodo che ci attende, dopo le grandi mobilitazioni dello scorso anno che ci hanno visto in prima linea nelle piazze, sui luoghi di lavoro, nonché nelle necessarie attività di studio e analisi del presente, abbiamo depositato, nella giornata del 28 il nostro statuto di sindacato di settore, presso uno studio notarile. Ringraziamo, pertanto, l’intera Unione che ci ha mostrato la sua vicinanza, ringraziamo Angelo Mulè presente, assieme a noi, alla formalizzazione dell’atto.
Il 29 agosto in via Torricelli, nella sede dell’USI ticinese, si è tenuta l’assemblea nazionale nella quale sono state analizzate diverse questioni in merito alla situazione dei lavoratori all’interno delle scuole e degli educatori, operanti nel terzo settore. Si è inteso, in primo luogo, ricordare quanto la questione relativa alla buona scuola non sia slegata, come più volte ricordato nei nostri comunicati, dagli obiettivi vessatori e punitivi contenuti nel jobs act ; tanto più che in piena osservanza alle disposizioni e alle linee guida di tale provvedimento, molte scuole stanno utilizzando giovani tirocinanti come “supporto educativo” in situazioni di disagio, rendendo sempre più difficile la continuità lavorativa degli educatori. Questo meccanismo si riflette nel terzo settore dove, in numerose cooperative, si fa un ricorso sempre più massiccio all’opera dei volontari – spesso di ispirazione cattolica - che sostituiscono gradatamente le prestazioni dei lavoratori.
Rimanendo in ambito scolastico, nell’analizzare i vari costi, le diverse dinamiche economiche che lucrano sul percorso educativo degli studenti, si è individuata una linea di azione che è confluita in una proposta concreta che, nei nostri intenti, ha il duplice scopo di sottrarre l’azione educativa alla sottomissione al capitale e, nel contempo, renderla libera nella sua essenza. Riteniamo, infatti, sia utile raccogliere temi, opinioni e idee da parte degli studenti, dei docenti e degli educatori, che possano portare alla realizzazione di testi autoprodotti; ossia intendiamo realizzare, attraverso un ampio coinvolgimento di docenti e studenti, dei libri di testo autoprodotti che tengano conto dei reali bisogni e delle proposte degli studenti e che, finalmente, inizino a scardinare il meccanismo di educazione unilaterale prettamente utilitaristica di cui la buona scuola è promotrice. Come si è già avuto modo di dire, le lotte nel settore educativo si devono assolutamente considerare legate a quelle che riguardano gli altri ambiti lavorativi. Spesso i sindacati governativi tendono a dividere e diversificare le lotte a seconda di convenienze momentanee, invece il progetto del governo Renzi è quanto mai univoco e pericoloso: esaltazione della gratuità lavorativa (vedi modello Expo) competitività nei luoghi di lavoro con annessa sorveglianza e restringimento delle libertà individuali, nonché di associazione, il jobs act contiene, infatti, norme che attraverso una presunta gestione della sicurezza aziendale, controllano direttamente i luoghi di lavoro, rendendoli sempre più simili a delle prigioni.
Le nuove leggi sul lavoro, a partire dal Jobs Act, rendono sempre più brutale il ricatto imposto ai lavoratori: rinunciare a tutti i diritti più elementari o essere escluso dal mercato del lavoro, senza possibilità di parola e di azione autonoma ma alla mercè del proprio padrone. Non vuoi rinunciare a vivere vicino alle persone care per essere trasferito a migliaia di chilometri di distanza? Sei fuori da tutti i concorsi pubblici. Fai attività sindacale, o anche solo provi ad alzare a voce per reclamare un tuo diritto? Licenziato senza possibilità di reintegro. Crediamo sia il momento di provare ad uscire da questo ricatto, dotandoci di strumenti che favoriscano il mutuo appoggio tra lavoratori e riappropriandoci, nel contempo, dello stesso lavoro per renderlo adeguato e coerente con i bisogni e le aspirazioni di tutti e tutte e non più strumento del capitale. Rifiutare, disertare un impiego schiavistico, con la mera alternativa di una miseria punitiva, oppure un’attività di volontariato permanente, con all’orizzonte un impossibile lavoro retribuito, potrebbe essere un concreto sabotaggio alla macchina del capitale. Di contro andrebbe riaffermata, con forza, quella catena solidale che lega i lavoratori, gli sfruttati attraverso l’autogestione libertaria e che non è certo nuova alla nostra storia.
Evviva l’anarcosindacalismo.